Basta Domande Stupide a Colloquio; Chiediamo la Verità ai Candidati!

DAVIDE DONGHI
5 min readMar 8, 2020

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“In tempi di menzogna universale, dire la verità è un atto rivoluzionario”

- George Orwell

Trattare i candidati nel processo di selezione alla pari e con rispetto ponendo domande intelligenti e non scontate significa dare loro l’opportunità di raccontare effettivamente ciò che pensano e mostrarsi per quello che sono, consentendo conseguentemente ai selezionatori di valutare la loro personalità e attitudini autentiche.

Oggigiorno la maggior parte delle aziende cerca di assumere le persone giuste, ma quando parlano di persone giuste, spesso e volentieri intendono le persone più qualificate e con maggior seniority.

La guerra per i talenti è spesso una guerra per le persone tecnicamente più competenti e con maggior esperienza.

Ma non è questa la chiave corretta. E’ la guerra sbagliata da combattere.

Infatti, per contestualizzare ciò che sto dicendo, mi imbatto spesso anche su LinkedIN e altre importanti motori di ricerca del lavoro in annunci ad esempio dedicati a tirocini e stage che rasentano l’assurdo e in cui vengono richieste sin dall’inizio competenze ed esperienze che un giovane ovviamente non può ancora possedere.

Dobbiamo tenere bene a mente che i nuovi assunti, nella stragrande maggioranza dei casi, non falliscono per mancanza di skills ed esperienza, ma per lacune nelle loro attitudini (soft skills).

Quindi, ogni approccio standard nella selezione di personale che segue questo percorso è completamente sbagliato.

I Manager non possono affermare che è difficile trovare i lavoratori che cercano quando il loro processo di selezione è sbagliato a priori.

Pertanto è necessario iniziare a utilizzare un approccio più produttivo assumendo le risorse umane per attitudini, le cosiddette soft skills e non solo per credenziali, competenze (skills) ed esperienza.

La domanda giusta su cui costruire un approccio diverso nella ricerca e selezione dunque non è se i candidati abbiano le giuste competenze; ma se hanno il potenziale per impararne di nuove.

Secondo un importante studio di Mark Murphy, CEO di Leadership IQ condotto su 20.000 nuovi assunti in un periodo di tre anni negli US, il risultato è stato che circa il 46% delle persone che venivano assunte fallivano entro i primi 18 mesi di lavoro e dunque non continuavano per loro decisione o venivano licenziati.

E tali risorse non fallivano per mancanza di skills, ma piuttosto per mancanza di soft skills.

Dunque dalla ricerca emerge che impiegati qualificati ed esperti, ma con lacune nelle soft skills falliscono rapidamente. Gli impiegati non qualificati e inesperti, ma con atteggiamenti eccellenti sul lavoro riescono invece a durare a lungo termine senza cambiare o essere licenziati.

Le attitudini di una persona sono il riflesso della personalità, che è improbabile che cambi, le abilità invece possono essere insegnate. Questa è la chiave.

Ma assumere per le giuste attitudini non è per niente facile e i selezionatori, i responsabili delle risorse umane e i vari incaricati al processo di selezione devono imparare nuove modalità su come farlo in modo corretto, efficace e anche creativo.

Prima di tutto dobbiamo ripensare a quali domande porre e come nell’intervista di selezione per convincere i candidati a dire la verità, valutando i loro reali atteggiamenti e capire se sono compatibili con i ruoli vacanti all’interno delle aziende.

Da un lato è necessario disporre di un elenco delle attitudini critiche di alto e basso rendimento che predicono il successo e l’insuccesso nella propria organizzazione. Dopodiché si possono utilizzare queste ultime per definire al meglio le caratteristiche desiderabili e indesiderabili nei potenziali candidati e quindi focalizzare l’intero processo del colloquio su quegli aspetti che ci interessano.

Dall’altro lato è cruciale invece strutturare domande alle quali i candidati potrebbero non essere pronti a rispondere e smetterla di porre sempre le solite domande come ad esempio le seguenti:

  • Parlami di te.
  • Quali sono i tuoi punti di forza?
  • Quali sono i tuoi punti deboli?
  • Dove ti vedi tra cinque anni?
  • Perché dovremmo assumerti?

E tante altre simili.

Queste domande stimolano risposte preparate e spesso false. Sono troppo conosciute, in aggiunta vaghe e consentono pertanto risposte non autentiche.

Se proviamo invece a pensare fuori dagli schemi analizzando la semplice domanda:

“Perché dovremmo assumerti?”

Al contrario si può chiedere al candidato:

“Perché non dovremmo assumerti?”

Questa semplice trasformazione, può funzionare meglio e riuscire a rivelare l’integrità della persona.

In questo caso la maggior parte delle persone non sono preparate a rispondere. Infatti la domanda trasformata costringe a cercare di squalificarsi dalla posizione ricercata, il che consente al candidato di uscire fuori dallo schema automatico di presentarsi a tutti i costi positivamente.

Essa viene interpretata come se fosse:

“Qual è la tua più grande debolezza?”

Ciò confonde, e la maggior parte degli individui si sente totalmente presa alla sprovvista e ha difficolta a rispondere.

Quelli che riusciranno maggiormente a mettersi in discussione, superando l’ostacolo e cercando di replicare con argomentazioni esaurienti, avranno l’opportunità di raccontare storie autentiche, facendo venire a galla le loro attitudini.

Di seguito il selezionatore dovrà essere in grado di valutare se sono quelle attitudini che cerca per la selezione in oggetto.

E’ proprio questo quello a cui si deve mirare.

Trasformare le domande da vaghe, impostate e conosciute a domande insolite, ma intelligenti, curiose e autentiche.

Chi fa selezione potrà finalmente chiedere e ascoltare delle verità che aiuteranno a una più puntuale valutazione del candidato.

In più sarà anche maggiormente apprezzato dal candidato stesso, anche nel caso non venisse scelto e assunto.

Per concludere, prima di ricadere nell’utilizzo errato di domande chiave in sede di colloquio incoraggiato anche dalla nostra paura e impreparazione ad affrontare conversazioni più complesse e approfondite, facciamo un bel respiro e cambiamo approccio e domande.

Un aiuto a tutto questo, ma non solo, può sicuramente arrivare dalla Behavioural-Based Interview unita all’utilizzo di questionari e test di personalità.

Tale approccio e tecnica di colloquio che indaga il potenziale del candidato analizzando il suo comportamento passato, consente al selezionatore di chiedere esempi specifici relativi alla sua passata esperienza, permettendo così al candidato stesso di raccontare ad esempio le sue storie di vita lavorativa e non e come ha affrontato determinati problemi, le difficoltà che ha riscontrato, le soluzioni che ha messo in campo per andare avanti ed i risultati che ha o meno raggiunto.

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Written by DAVIDE DONGHI

Writer, Author, Psychologist, Career Coach

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