Il Futuro del Lavoro è Flessibilità Cognitiva e Intelligenza Emotiva

DAVIDE DONGHI
5 min readJul 2, 2020

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ll World Economic Forum ha dichiarato recentemente che la flessibilità cognitiva sarà una delle migliori competenze necessarie per eccellere negli ambiente di lavoro dal 2020 in poi.

Ma cosa significa in realtà flessibilità cognitiva?

Esistono varie definizioni del concetto, ma forse l’interpretazione più adatta e meno sfumata, tuttavia, proviene dallo stesso ideatore della teoria della flessibilità cognitiva, il professor Rand J. Spiro che insegna tuttora nel Department of Counseling, Educational Psychology and Special Education presso la Pennsylvania State University.

Spiro la descrive come: “la capacità di ristrutturare spontaneamente la propria conoscenza, in vari modi, in risposta adattativa alle esigenze situazionali radicalmente mutevoli”.

In altre parole, produce la versatilità necessaria per affrontare efficacemente le novità.

Qualunque siano le variazioni della realtà, la flessibilità cognitiva è chiaramente un’abilità con enormi vantaggi pratici e professionali.

Ciò che è meno compreso, e tuttavia davvero intrigante, è la connessione con una maggiore creatività e immaginazione.

In effetti, lo stesso Spiro insiste sul fatto che la più alta forma di flessibilità cognitiva favorisce la creatività, perché consente alla mente di spostarsi efficacemente tra le diverse sfere della conoscenza e dell’essere, così come di navigare nella complessità e nella varietà della vita.

Questo perché chiaramente la flessibilità mentale richiede idee, analogie, schemi e prospettive al di fuori del dominio su cui si sta lavorando abitualmente, sul consolidato.

Ma come possiamo utilizzarla e soprattutto coltivarla al meglio per ottimizzare il nostro apprendimento, lo stile di vita e il lavoro di tutti i giorni?

Mentre tanti studiosi si sforzano di avere una comprensione più scientifica dell’argomento, potremmo invece essere più pratici, vista la grande utilità, ed iniziare con una radicale riforma del sistema educativo per formare i giovani ad utilizzarla in modo più spontaneo ed efficace.

Purtroppo, attualmente gli studenti sono condizionati a vedere la conoscenza come materie scolastiche frammentate e disgiunte, e quindi hanno difficoltà quando problemi del mondo reale intrinsecamente complessi e multidisciplinari richiedono una risposta.

Perciò Spiro sottolinea l’urgente necessità di sistemi di apprendimento che favoriscano l’acquisizione avanzata delle conoscenze in domini complessi e de-strutturati.

Le scuole e le università che promuovono la diversità delle conoscenze e dei metodi, nonché l’interdisciplinarietà, svolgono un ruolo importante nello sviluppo della flessibilità cognitiva.

Questi programmi sono ancora poco utilizzati dai vari paesi del mondo e a volte sottovalutati.

Fino a quando le scuole non svilupperanno tali programmi, è saggio per noi trarre spunti da coloro che hanno evidentemente padroneggiato tale abilità.

La flessibilità cognitiva è spesso associata ai “polimath”, umani di eccezionale versatilità che eccellono in molteplici campi apparentemente non correlati.

La parola, che deriva dal greco, letteralmente significa “che ha imparato molto” e si riferisce alla personale tendenza all’eccellenza in diverse discipline, e alla capacità di unirle per generare il cambiamento.

Pensiamo ai grandi come Leonardo da Vinci. Tali personaggi dimostrano un’eccezionale flessibilità cognitiva in un modo che consente loro di attingere a molteplici fonti di conoscenza da diverse discipline al fine di dare un contributo creativo a un determinato campo o affrontare un problema complesso e sfaccettato.

Cosa possiamo imparare da loro?

Fare nostri ad esempio metodi di ragionamento come il pensiero laterale, la prospettiva, il concetto di sistemi, la curiosità e l’apertura a nuove esperienze, integrati dal pensiero critico che consente poi la loro applicazione efficace a problemi diversi.

Questa è la chiave per avere una mente flessibile.

Più aree di conoscenza ed esperienza possiamo accumulare e aggiungere al nostro repertorio, più prospettive possiamo utilizzare per formare la nostra visione del mondo, che sia maggiormente completa e ricca.

Un altro aspetto importante che possiamo imparare dai “polimath” è quello di riuscire a creare facilmente nuove connessioni. L’approccio sistemico, che vede il mondo come una rete di connessioni piuttosto che come sacche segrete di conoscenza. Infatti il passaggio da un dominio all’altro avviene in modo naturale e senza soluzione di continuità. La mente cessa di essere un interruttore e diventa una connessione attraverso il quale un sapere o una situazione scorre organicamente nell’altro.

La flessibilità cognitiva diventa quindi un’abilità indispensabile per esplorare due realtà fondamentali del 21° secolo: il cambiamento e la complessità.

I cambiamenti dinamici destinati a colpire il mondo del lavoro nei prossimi decenni, e che già sono in atto, chiariscono che alcune forme di esperienza avranno una durata di conservazione più breve di altre. Ciò è sicuramente dovuto alla crescita esponenziale dell’automazione e dell’informatizzazione.

Di conseguenza, i cambiamenti nella carriera nella prima metà del 21° secolo saranno all’ordine del giorno.

Anche Lo storico e futurista Yuval Noah Harari ha sottolineato che per stare al passo con il mondo da quì al 2050, non si dovrà semplicemente inventare nuove idee e prodotti, ma si dovrà soprattutto essere capaci di reinventarsi come essere umani e reinventarsi ancora.

Ciò rende la flessibilità cognitiva come la chiave cerebrale della reinvenzione, un tratto indubbiamente essenziale da coltivare negli anni a venire.

Harari rileva inoltre come oggi in realtà non sappiamo prevedere come sarà il mondo tra 50 anni ed è la prima volta che questo accade nella storia dell’uomo. Pertanto nessuno sa veramente dire oggi che competenze, quali qualità serviranno e come sarà il lavoro nel futuro.

L’unica cosa certa è che la gran parte di noi dovrà cambiare lavoro e aggiornare le proprie competenze più di una volta nei prossimi 10 anni.

E aggiunge: “La cosa migliore che possiamo fare è quindi insegnare ai bambini a imparare continuamente e a essere flessibili, perché l’unica cosa che sappiamo sul mercato del lavoro e sul mondo nel 2050 è che saranno in continuo cambiamento”.

Ma non basta, il filosofo sottolinea anche il fatto che da qui in avanti le persone, anche in età avanzata, dovranno continuare a studiare e a cambiare per tutta la vita.

Per questo è fondamentale insegnare ai bambini come mantenere la flessibilità mentale per tutta la vita. E questa è la cosa più difficile perché quando si è giovani è facile accettare il cambiamento, ma già a 40 o 50 anni alle persone i cambiamenti non piacciono più, vogliono la stabilità.

È stato così lungo il corso di tutta la storia.

Perciò l’obiettivo principale dell’istruzione, anche secondo lo storico, dovrebbe essere dunque formare persone con una mente flessibile, ma con l’aggiunta di un’alta intelligenza, quella emotiva.

“Non sappiamo quali qualifiche tecniche saranno necessarie — aggiunge -spesso si dice che sarà necessario saper programmare, ma forse nel 2050 potrà farlo un’intelligenza artificiale meglio degli uomini e scrivere codici sarà obsoleto e avremo bisogno di altro. Per questo secondo me la scommessa più saggia è sviluppare flessibilità mentale ed emotiva”.

Dunque le sfide più difficili, da adesso in poi, saranno psicologiche perché anche se nella migliore delle ipotesi nei prossimi anni si dovessero generare molti più posti di lavoro di quelli sostituiti dalla tecnologia, gestire questa transizione per le persone non sarà facile e richiederà un grande sforzo di adattamento cognitivo ed emotivo.

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Written by DAVIDE DONGHI

Writer, Author, Psychologist, Career Coach

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