Lasciare il Lavoro senza un Piano di Riserva mi ha Salvato la Vita

DAVIDE DONGHI
9 min readOct 4, 2019

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“Volevo un finale perfetto. Ora ho imparato nel modo più duro che alcune poesie non hanno rime, e alcune storie non hanno un inizio, un centro e un finale chiaro. La vita riguarda il non sapere, il dover cambiare, vivere il momento e prenderne il meglio, senza sapere cosa succederà dopo.”

- Gilda Radner

Sono diventato esperto in molte cose nel corso degli anni, ma nessuna, lo confesso, si è avvicinata alla mia abilità di lasciare i lavori.

Tutto è iniziato quando avevo soli 17 anni e trovai un lavoro, per l’estate, in una libreria vicino casa.

Il proprietario era un uomo piuttosto esigente e criticava anche il modo in cui vestivo.

Il mio stato d’animo dunque non era dei migliori e così, dopo soli 4 giorni di lavoro, sono balzato fuori dalla porta e non sono più tornato.

Dopo essermi laureato, all’età di 26 anni, ho cominciato a lavorare nelle risorse umane, ma ho prontamente gettato la spugna più volte.

Esattamente ben 12 nell’arco di circa 18 anni.

Certamente ho provato a rimanere in ogni contesto lavorativo, tra l’altro in un settore che mi appassiona tantissimo, ma a dire il vero alla fine ho sempre abbandonato.

Ho lasciato per motivi diversi, ma che in comune non mi consentivano mai di esprimere completamente le mie potenzialità e di vivere al meglio il mio lavoro con serenità e passione.

Si potrebbe ragionevolmente presumere che la mia vita finora sia stata caratterizzata da continui cambiamenti, abbandoni e dunque insuccessi.

Ma non è stato così. Sapevo sempre quando smettere, anche senza un piano alternativo, e avere il coraggio di ritrovare altro là fuori.

La nostra società e cultura ci ha incoraggiato finora a puntare sulla stabilità e dunque su lavori sicuri e duraturi nel tempo, come se questo fosse sinonimo di chissà quale virtù.

Ma non è comunque più il momento. Anche le stesse leggi sulla regolamentazione del mercato del lavoro, ad esempio in Italia, sono superate e non rispecchiano i cambiamenti in atto che invece altri paesi più lungimiranti stanno cogliendo e favorendo.

Pieter Levels, founder di nomadlist.com stima che nel 2035 ci saranno circa 1 miliardo di nomadi digitali al mondo.

Dobbiamo dunque essere sinceri con noi stessi e di conseguenza con i nostri figli e le generazioni a venire.

Per la prima volta nella nostra storia non siamo più in grado di predire esattamente come si evolverà il mondo entro i prossimi 20/30 anni e di conseguenza il mercato del lavoro in seguito alle continue innovazioni tecnologiche, come ad esempio l’intelligenza artificiale e le biotecnologie o a seguito dei nuovi modelli di lavoro come il remote.

Gli esperti dicono di riuscire a prevedere il futuro del lavoro, ma la verità è che lo si scoprirà giorno per giorno e soprattutto lo si costruirà giorno dopo giorno.

E soprattutto il futuro del lavoro è già arrivato.

In questo nuovo scenario, complesso e dinamico, l’unica certezza che abbiamo è quella di mettere al centro della nostra crescita personale e professionale la capacità nell’affrontare i cambiamenti, la flessibilità mentale, e la curiosità nel voler continuare a studiare sempre, persino materie anche diverse dai nostri campi d’azione.

Tutto ciò ci consentirà di affrontare con più anticorpi l’imprevisto, l’incertezza e dunque il non sapere.

Purtroppo ancora facciamo fatica a ragionare in questo modo.

Ecco perché affrontare un cambiamento e rischiare, come quello ad esempio di licenziarsi volontariamente dal proprio lavoro, senza un piano di riserva è vissuto dai più come un tabù.

D’altronde se non si sopporta più il proprio lavoro, perché continuare a tormentarsi e rimanere?

Ovviamente le prime risposte che ci diamo, le più concrete e legittime, sono su un piano economico-finanziario.

Ad esempio l’ansia di rimanere senza un reddito, di non sapere come andare avanti per pagare le cose essenziali per vivere e via discorrendo.

Tutti aspetti sacrosanti.

Ma alla base di questo immobilismo credo ci sia una paura più profonda, inconsapevole, ancestrale e che in sostanza ha origine nell’impreparazione ad affrontare a priori transizioni, imprevisti, colpi di scena, con tutta l’incertezza che li circonda.

Sarebbe un vero e proprio salto nel buio.

Infatti chiediamoci cosa ci fa più paura; il pensiero di essere infelici in un lavoro che odiamo, ma sicuro, stabile e che ormai conosciamo alla lettera, oppure il pensiero di lasciarlo definitivamente e cimentarsi nella ricerca di una nuova opportunità, ma sconosciuta e con tutte le difficolta del caso?

Ovviamente la maggior parte della gente ricorda a se stessa che: il diavolo che si conosce è meglio del diavolo che non si conosce.

Così ci si convince con fermezza che l’incertezza è sicuramente peggiore della propria situazione attuale.

Ad ogni modo la paura del cambiamento vince.

Nel mio caso però l’ansia e l’angoscia non nascevano dalla paura di cambiare, ma al contrario dal timore di rimanere intrappolato in situazioni che non mi avrebbero fatto crescere.

Per questo motivo sapevo sempre visualizzare quando arrivavo ad un punto rottura.

Lasciare quel lavoro, quell’azienda, quei capi, in quel dato momento, in cui non riuscivo più a prendere e tantomeno a dare nulla, mi permetteva di rimettermi in gioco, anche se dolorosamente, ma di crescere.

Potevo abbracciare l’incertezza, e sperimentare in questo modo scenari diversi per arricchire la mia persona.

Insomma, quelli che molti valutavano essere i miei punti di debolezza, sono al contrario diventati per me dei validi punti di forza su cui puntellare l’intera esistenza.

E così questo percorso ad ostacoli mi è servito da lezione per capire che volevo essere più cose assieme.

Essere un recruiter, un consulente di carriera, scrivere libri ed articoli, provare a creare startup tecnologiche e tanto altro.

Penso dunque che da oggi in molti, e le generazioni future stesse, dovranno seguire questo percorso.

Ma ciò potrà avvenire solamente oltrepassando il confine delle abitudini, del consolidato, del vorrei ma non posso, della nostra vita ordinaria e costante, spesso non più costruttiva e stimolante.

A questo riguardo vi suggerisco 6 semplici apprendimenti che per me sono stati utili e potrebbero servire anche per il vostro percorso:

  1. IL NON SAPERE E’ STIMOLANTE E COSTRUTTIVO

L’incertezza spaventa, ma è eccitante e ti farà crescere.

Nei primi giorni e forse mesi, dopo aver lasciato il lavoro che non sopportavi più, potrai ritrovarti seduto davanti al tuo computer e sentirti totalmente sopraffatto.

Ogni giorno sarà una battaglia per cercare di arrivare a qualcosa di concreto e fare così almeno un passo nella giusta direzione.

Quei momenti saranno alcuni dei più angoscianti, nauseanti e ansiosi della tua vita, ma allo stesso tempo saranno anche i più eccitanti e costruttivi.

Infatti a volte il miglior modo per ritrovare se stessi è quello di perdersi, liberarsi dalle proprie dipendenze, dalle situazioni asfissianti e dalle pressioni che conducono allo stress e all’ansia.

Perdersi non è sinonimo di allontanarsi dal proprio modo di vivere. Assolutamente no, si tratta di ritrovarlo, perché molto probabilmente lo si era perso.

Dunque se partirai da questi presupposti, ti sentirai assolutamente più libero di fare un passo avanti verso ciò che ti circonda, per avere la possibilità di scoprire cose nuove, di accedere a scenari stimolanti, grazie ai quali potrai scoprire più cose su di te che ti permetteranno di ritrovare la tua naturale essenza.

Non avrai idea di cosa ti succederà dopo, ma non è importante, in quanto ti sentirai sorprendentemente motivato, intraprendente, curioso ed ottimista.

2. IMPARA A NON ACCETTARE COMPROMESSI

Non scendere mai a compromessi con la tua anima.

Ci sono cose su cui va bene scendere a compromessi, la dimensione della casa, scegliere tra un auto sportiva o familiare, dove si andrà per le vacanze estive, ma non è per niente sano scendere troppo a compromessi con la propria anima.

Se lo si fa, si potrebbero verificare delle conseguenza disastrose per il proprio benessere psico-fisico.

Sarà fondamentale dunque sapere cosa tiene in vita il tuo spirito e onorarlo con tutto ciò che hai.

Per me ad esempio è verità, trasparenza, gratitudine e integrità.

Per anni e in diversi contesti aziendali non ho potuto esprimere liberamente e completamente la maggior parte di questi aspetti della mia anima, senza esserne limitato.

Se non posso vivere ciò nel mio lavoro o nelle mie relazioni, comincio ad appassire, fallire e scomparire.

Ma ora ho imparato cosa è necessario per onorare la mia anima, e non la comprometterò mai più.

3. ESPLORA TE STESSO E CONDIVIDI

Conosci meglio te stesso e condividi le tue scelte e apprendimenti.

Può sembrare banale, ma dopo avere lasciato un lavoro prenditi del tempo per viaggiare, leggere e scrivere, fare yoga, sport, intraprendere attività di volontariato e soprattutto cerca di investire energie per conoscere meglio te stesso e le tue zone d’ombra.

Il tuo lato più nascosto, quello che hai sempre trascurato o che hai relegato in uno scompartimento chiuso a chiave affinchè non uscisse fuori.

Conoscilo il più possibile, anche se non ti piace.

Potrebbe rivelarsi la cosa più importante che possiedi ed essere la tua ancora di salvezza, la tua unica via d’uscita.

Il tuo motto dovrà essere dunque ogni giorno: chi sono e cosa voglio essere da ora in poi!

Allenati a fare networking, ma dal vivo e non semplicemente inviando richieste di amicizia su LinkedIN o su altri social.

Condividi, partecipa ad eventi che ti interessano e frequenta corsi di formazione per migliorarti o apprendere cose nuove.

Confrontati con la tua famiglia, con i tuoi amici, anche con quelli che hai trascurato ultimamente per via del lavoro.

E vedrai che, quando meno te lo aspetti, avrai l’occasione di rimetterti in gioco e sarai anche sorpreso di quante persone ti potranno supportare.

4. IL LAVORO NON TI DEFINISCE

Hai la tendenza, come la maggior parte di noi, ad utilizzare la tua carriera per definire te stesso.

Ma questo è un errore. Tu sei molto di più della tua carriera.

Quando penserai alla depressione derivante dalla ricerca di un nuovo lavoro, spesso la attribuirai all’instabilità finanziaria e al rifiuto frequente che potresti vivere, ma scoprirai che la tua identità è invece un pezzo molto più grande del puzzle di quanto pensassi in precedenza.

La percezione che tu sei il tuo lavoro è una delle ragioni principali per cui la ricerca di uno nuovo, e ricevere messaggi costanti che non sei chi pensi di essere, diventa così angosciante.

Dunque se la tua identità è minacciata, hai bisogno di una soluzione che lavori su di essa.

Ma allora quale potrebbe essere una via da seguire?

Riconoscere che tu sei composto da una vasta gamma di aspetti: passioni, interessi, valori, sentimenti, legami, capacità, debolezze, paure e non solo dal tuo status lavorativo.

Avere altri aspetti della tua vita su cui puoi contare come fonte di gioia e sicurezza è fondamentale per far fronte ai momenti di transizione come questo.

5. NON CONFRONTARE LA TUA VITA CON QUELLA DEGLI ALTRI

Un’altra grande fonte di infelicità che potresti dover affrontare è l’idea che le vite degli altri siano migliori o più facili della tua.

Ma quando confronti la tua situazione con quella degli altri, stai confrontando la tua realtà con la loro superficie, con le loro maschere.

Non importa quanto fantastico, felice o brillante tutto possa sembrare all’esterno di esse, ma non saprai mai cosa sta succedendo davvero al loro interno.

Se ti ritrovi ad essere geloso di qualcuno, ricorda che quella persona avrà sicuramente lottato con avversità e insicurezze proprio come te, oppure lo sta facendo tuttora e magari non lo vuole dare a vedere.

Perciò questa è la strada sbagliata!

Alla gente non importa sapere se sei un dog-sitter, un cameriere o un amministratore delegato di un’azienda.

Riprenditi la tua vita e fregatene di tutti i giudizi e stereotipi del mondo.

6. TROVA QUALCOSA CHE PER TE VALGA VERAMENTE LA PENA DI FARE

Pensa a tutte le cose della tua vita che sono importanti per te, l’essenziale, quindi elimina tutto il resto.

Questo sistema ti aiuta a semplificare la tua vita e a capire su cosa concentrarti.

Dunque quando deciderai di fare qualcosa in cui sei veramente coinvolto e appassionato, non sarai mai in una spirale discendente.

Prima ancora di iniziare, potrai già vedere il traguardo.

Più focalizzerai l’attenzione su qualcosa che vuoi veramente, più velocemente lo raggiungerai.

Sarai come un atleta all’inizio di una gara.

È dunque sicuramente possibile e sfidante, ma per nulla semplice, trascorrere il tuo tempo prezioso su qualcosa che amerai veramente fare e trovare di conseguenza il modo di guadagnare svolgendolo.

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Written by DAVIDE DONGHI

Writer, Author, Psychologist, Career Coach

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